Collaborazione del concubino
I concubini sono liberi di regolamentare l’attività di uno nell’azienda dell’altro mediante contratto di lavoro.
Nel caso in cui non ci sia un contratto di lavoro esplicito, la presunzione dell’articolo 320, cpv. 2 del CO (“Il contratto di lavoro è considerato conchiuso anche quando il datore di lavoro accetta, per un certo tempo, l’esecuzione d’un lavoro, la cui prestazione secondo le circostanze non può attendersi senza salario”) e le disposizioni relative al contratto di lavoro si applicano unicamente quando la fornitura di lavoro non doveva essere attesa, secondo le circostanze concrete, che contro una remunerazione e nel quadro di un rapporto di subordinazione.
Nel caso in cui tali premesse non siano presenti, entrano in linea di conto le disposizioni della società semplice.
Il concubino pagato per il lavoro svolto
Il o la concubina non costituiscono una manodopera gratuita, ma vanno pagati in modo adeguato. Lo ha stabilito il Tribunale federale, occupandosi del caso di un imprenditore svittese che ha rifiutato di risarcire l’ex amica per le mansioni svolte durante la loro convivenza. Per circa quattro anni, la donna si è occupata per un pomeriggio alla settimana di sbrigare diversi lavori d’ufficio inerenti alle attività professionali del compagno. Dopo la loro separazione, la donna ha chiesto il pagamento del lavoro effettuato. In prima istanza le è stato accordato un indennizzo di più di 30 mila franchi, per circa mille ore lavorative.
L’imprenditore ha contestato la decisione, mettendo in causa l’esistenza di un contratto di lavoro e l’entità dello stipendio – 32 franchi l’ora – stabilito dalla Corte. Lo svittese ha anche sostenuto, invano, che, in cambio delle prestazioni fornite, la donna ha potuto beneficiare durante la convivenza di tutti i vantaggi procurati da un tenore di vita elevato.